Riflessioni in libertà

Perché oggi giorno quando uno parla nessuno mai lo ascolta? Si ascoltano canzoni in inglese per non essere costretti ad ascoltare in testo. Si rubano nozioni ai professori da usare in verifiche ed esami e poi gettarle via subito dopo. Si guardano programmi televisivi di una stupidità incredibile, solo perché fanno sorridere, non fanno pensare, ma dopo che si è spenta la tv non ci si ricorda nulla.

La radio la si usa solo per avere un po’ di rumore che faccia compagnia in macchina. Tutti presi da se stessi, quando si discute con qualcuno, quasi non si cambia più opinione: si porta avanti ad oltranza la propria tesi e si finisce quasi sempre per credere di aver vinto una discussione solo per aver urlato più forte dell’interlocutore.

Ho sentito dire da un esperto che oggi giorno quando si viaggia si finisce per portare a casa fotografie molto simili a quelle dei depliant o dei telegiornali che riprendevano il posto dove si è stati. Questo avviene perché si parte con un’idea preconcetta del posto in cui si giungerà e non si fa nulla per cambiarla, anzi non si fa altro che cercare conferme. Questo vuol forse dire che non solo non si ascolta, ma che oggi giorno non si osserva nemmeno più?

Nella lettura è poi la stessa cosa. Quando si compra un giornale, si leggono solo titoli e sottotitoli, non ci si avventura quasi mai nella lettura approfondita di un articolo. Si comprano romanzi con un intreccio semplice, gialli in cui è l’autore a trovare per noi la soluzione: nelle librerie la saggistica è in via di estinzione.

Perché questo comportamento? Sarà forse questa società consumistica e capitalista ad atomizzare la società tanto da portare l’individuo a isolarsi e a proiettare la sua attenzione solo verso se stesso?

In televisione sono sempre di più i programmi dove non ci sono modelli da prendere a riferimento, ma brutte copie di passanti uguali a noi, che compaiono senza nessuna arte e solo per farsi guardare e guardarsi. Non sarà forse un modo semplice per lavarci la coscienza? Un modo per nascondere chi ci è superiore? Un modo per non sentirci inferiori e per non ferire il nostro ego smisurato che l’atomizzazione della società non fa che accrescere impedendo un vero confronto con l’altro?

Siamo in un periodo in cui le telecomunicazioni sono incredibilmente efficaci e veloci: ci permettono di vedere e sentire persone all’altro capo del mondo in un istante. Il problema però è che noi non le utilizziamo per capire la realtà che ci circonda, ma solo per suffragare le nostre idee preconcette e rafforzarle. Non si fa nessuno sforzo di comprensione dell’altro: lo si giudica senza avere gli elementi per farlo.

La televisione è ormai l’unico strumento di divulgazione di sapere che le masse utilizzano, ma ci siamo chiesti com’è questo sapere?

Abbiamo detto che la tv è infestata da individui che non emergono dalla massa e che non fanno nessuno sforzo per emergere da essa, ma bisogna sottolineare come questi individui oggi siano anche gli opinion leaders più ascoltati ed influenti. Questo avviene proprio perché l’ascoltatore trova tranquillizzante che un personaggio televisivo, qualsiasi esso sia, la pensi come lui sugli argomenti più svariati: esso rafforza le sue convinzioni.

Probabilmente è per questo che in politica nel corso dell’ultimo secolo e sempre più si stiano facendo largo gli uomini che più hanno dimestichezza con il mezzo televisivo e con il gergo populista. Le paure comuni sono facilmente utilizzabili a fini politici e sempre più la televisione è il mezzo per sfruttarle.

Il caso dell’Italia è in questo senso paradigmatico, ma non è certamente il solo: forse è solo il culmine di un corto circuito della nostra società che rischia di far nuovamente deragliare i binari della democrazia.

 

IL CORTO CIRCUITO

Moltissimi intellettuali si stanno chiedendo in questi anni il motivo dello svuotamento di significati del vocabolario politico moderno, della crisi delle ideologie e di un ritorno in auge di un populismo che si credeva tipico solo di società meno sviluppate.

A mio parere la spiegazione va ricercata in due diversi ambiti: lo sviluppo del mezzo televisivo e il metodo elettorale maggioritario.

Il modello elettorale maggioritario infatti favorisce indirettamente un sistema bipolare e tipico di questi sistemi è la ricerca di consenso nell’area centrale dello spettro politico, in quell’area di “indecisi” che con lo spostamento del loro voto possono determinare la vittoria dell’uno o dell’altro schieramento.

Quest’area indecisa è di solito quella meno indottrinata politicamente, quella che meno si interessa di politica nella vita di tutti i giorni e che quindi meno è sensibile a differenze di carattere ideologico.

Il mezzo televisivo è l’unico che i politici di oggi usano per indirizzare il voto di questa parte determinante di elettorato e per rivolgersi ad essa il politico di turno deve necessariamente tralasciare le questioni ideologiche importanti per soffermarsi solo sulle banalità.

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