Il Presidente russo Dmitrij Medvedev nei giorni scorsi ha ribadito con forza la netta contrarietà del suo Paese al dispiegamento dello scudo antimissile americano in territorio europeo. Le autorità russe si erano già più volte espresse duramente contro questo progetto statunitense, che, a regime, prevedrebbe l’istallazione di potenti radar in territorio turco e di ventiquattro missili intercettori in Romania. La novità delle ultime dichiarazioni risiede nell’inedita veemenza delle stesse, le quali comprendono esplicite le minacce di uscire dal Nuovo Trattato Start firmato a Praga appena un anno fa e di una nuova corsa al riarmo.
La risposta degli U.S.A. alle dichiarazioni russe è stata quella di sempre: lo scudo antimissile è stato ideato per difendere i Paesi membri della Nato da possibili attacchi provenienti dall’Iran e non è rivolto contro la Russia. Per venire incontro alle obiezioni del Cremlino, il Presidente Obama aveva già provveduto negli anni passati a ridisegnare l’intero progetto dello scudo, il quale, sotto l’amministrazione Bush, era previsto in territorio polacco e ceco, quindi molto più evidentemente “puntato” verso i Paesi dell’Ex Unione Sovietica.
Nonostante queste aperture e rassicurazioni americane, le autorità russe rimangono violentemente contrarie al progetto. La motivazione principale è quella strategica. Un forte up-grade nei sistemi difensivi della Nato, renderebbe molto meno incisiva la capacità di deterrenza del Cremlino, che, malgrado la caduta dell’Urss, rimane pur sempre la seconda potenza nucleare al mondo. Evidentemente un sistema difensivo che rendesse inoffensive o quasi le armi russe, costituirebbe un deciso spostamento degli equilibri di potenza, già evidentemente favorevoli alla Nato. A dimostrazione di ciò, nelle dichiarazioni di Medvedev è compresa la minaccia di installare missili balistici a corto raggio nella città di Kaliningrad (enclave russa sul Mar Baltico, ai confini col territorio polacco), che contribuirebbero a ristabilire l’equilibrio di potenza militare in Europa.
Termini e veti incrociati tipici della Guerra Fredda dunque, ma quello a cui oggi si assiste è veramente un ritorno alla contrapposizione fra Usa e Russia che il mondo ha vissuto fino alla fine degli Anni ’80? Si potrebbe pensare ad una risposta affermativa se si ascoltassero solamente le parole degli ultimi giorni e si considerasse la situazione economica mondiale, che vede gli Stati Uniti in una fase di ridimensionamento ed una Russia in ripresa, membro a pieno titolo dei BRICs, ossia dei Paesi la cui economia corre di più. In realtà, quel che appare evidente da un’analisi più approfondita della situazione, è come Medvedev stia cercando di forzare la mano in vista delle elezioni parlamentari del 4 Dicembre prossimo, facendo leva su quel sentimento antiamericano latente, ma ancora presente in buona parte della popolazione russa. Fare la voce grossa sullo scacchiere internazionale potrebbe giovare al partito del Presidente (e di Vladimir Putin), facendo dimenticare almeno per qualche tempo i problemi interni del Paese ed arginando un po’ il calo di consensi paventato pochi giorni fa da Mikhail Gorbachev. Dall’altro lato, anche gli Stati Uniti stanno ormai entrando in campagna elettorale, con le primarie repubblicane che entrano nel vivo, senza contare che proprio il Partito Repubblicano, tradizionalmente più intransigente nei confronti di Mosca, ha già la maggioranza in parte del Congresso.
Malgrado tutto ciò, la situazione che stiamo vivendo è radicalmente diversa da quella del secolo scorso. Le economie dei due Paesi oggi sono molto più interdipendenti, esistono Trattati bilaterali, i leaders riescono a parlare e continuare a mediare fra le rispettive posizioni anche nei momenti di maggior attrito come questi. Le parole del portavoce del Pentagono Jhon Kirby, riportate dal Washington Post, sono certamente utili a tranquillizzare chi paventasse scenari di un ritorno alla Guerra Fredda: “Gli Stati Uniti e la Nato hanno invitato la Russia a partecipare alla cooperazione sulla difesa missilistica. Per la Russia questo è il miglior modo per ottenere trasparenza e l’assicurazione che questa difesa missilistica non costituisce un pericolo.”