Intervista a Dario Mantovani, Sindaco di Molinella

Iniziamo conoscendoti come persona: chi era Dario Mantovani prima di diventare Sindaco?

Ero e rimango una persona di provincia. Ho fatto l’operaio per diversi anni, sono stato un ottimo studente alle superiori e un pessimo studente all’università. Avevo certamente, oltre ad altri mille hobby, una certa passione per la politica da tempi non sospetti. Ho fatto perfino l’allenatore di calcio femminile, figuriamoci. Solo che ora non ho tempo. Ero e sono rimasto un riformista, che quando aveva sedici anni litigava al Dosso Dossi con i ragazzi dei centri sociali, convinto come sono ora che le cose serie non possano essere affidate ai radicali. Che sono sempre i servi sciocchi dei conservatori.

Prima ancora della campagna elettorale sei riuscito a vincere le primarie PD e a rinnovare completamente il Partito. Facce nuove, tanti giovani, entusiasmo. Come hai fatto in un momento nel quale l’antipolitica e il disinteresse la fanno da padroni?

Il rinnovamento della classe dirigente, che ho imposto come Segretario del PD locale, è il risultato che ancora oggi mi da più soddisfazione. Ancora di più che aver vinto le elezioni. Abbiamo dimostrato che i giovani ci sono: basta dargli responsabilità e fiducia. Alcuni ex dirigenti locali si riempivano la bocca di futuro, futuro, futuro: ma appena si poteva passare una parte di responsabilità sulle spalle di una classe dirigente più giovane, se ne guardavano bene. Sono le stesse persone che ora non militano più nel Pd, e che nel 2014 facevano campagna elettorale attiva davanti alle edicole in favore di Catozzi. I puristi della sinistra, diciamo.

Sappiamo che avevi già avuto delle esperienze in Consiglio Comunale, ma amministrare un comune in prima persona è sicuramente differente. Quali erano le tue aspettative mentre decidevi di candidarti e cosa pensi del mestiere di amministratore dopo quasi 2 anni di mandato?

Ho fatto il Consigliere Comunale tra il 2004 e il 2014. Mai sottovalutare i Consiglieri Comunali: è una carica elettiva in cui ti devi sudare le preferenze, soprattutto se il tuo partito punta su altri cavalli. Certamente il ruolo di consigliere d’opposizione ti fa crescere molto da un punto di vista politico, e poco da un punto di vista amministrativo. C’è da dire che nel 2004 si era chiusa una fase, e ci sono voluti dieci anni per ricostruire un centrosinistra competitivo: nel 2014 sapevamo di poter fare bella figura, ma non pensavamo di poter vincere. L’abbiamo capito in campagna elettorale: abbiamo visto il timore crescente nei nostri avversari. Amministriamo da una ventina di mesi: capire i meccanismi è complesso ma non impossibile. Molte cose sono già state fatte ma come dico spesso ai miei collaboratori più giovani, noi siamo chiamati a esprimere una politica di mandato. Alla fine dei cinque anni si tirerà una riga e si valuterà quanto fatto: io sono pienamente convinto che ci guarderemo alle spalle con soddisfazione.

Ora passiamo alla situazione molinellese. Quando hai vinto le elezioni hai trovato un Comune con alcune criticità infrastrutturali derivate dai danni del terremoto (penso all’asilo nido e alle Fioravanti) o a problematiche amministrative (centro donazioni sangue, scuola di musica). Puoi fare un brevissimo punto della situazione su quali questioni sono state risolte e quali rimangono sul tappeto?

Lo abbiamo detto in campagna elettorale: priorità alle scuole e agli impianti sportivi. Anche a costo di lasciare indietro la manutenzione stradale. Da quando siamo arrivati, le Fioravanti sono tornate nello stabile restaurato, l’asilo nido è stato costruito ex novo, abbiamo reso decoroso l’esterno del plesso scolastico di Molinella, che nel 2014 cadeva a pezzi. Abbiamo fatto un’operazione di consolidamento della palestra di via Andrea Costa e questa primavera riverniceremo l’esterno. Da pochi mesi abbiamo la sede dell’Istituto Banchieri nel comparto “C” del Cinema/teatro: una struttura che non teme confronti con qualunque sede di istituti musicali civici a livello regionale. E anche l’empasse del centro donazioni sangue è stata superata con la riapertura di un centro nuovo che è sicuramente tra i migliori a livello provinciale. Quest’anno faremo come minimo 660.000 euro di investimenti sulle scuole di San Pietro Capofiume e Molinella. Poi ci concentreremo sul plesso di Marmorta e sulle palestre scolastiche. La questione dell’adeguamento dei plessi scolastici e sportivi è uno degli assi strategici dell’amministrazione.

Sentiamo spesso parlare del problema del Cinema Teatro come di un pachiderma che pesa sulle spalle del Comune. Cosa significa in soldoni? Quanto e per quanto peserà ciò che è stato fatto finora?

Sono stati fatti cinque mutui decennali tra il 2009 ed il 2012. Per un totale di 5.500.000 euro di quota capitale. Pesavano sul bilancio di Molinella Futura srl per euro 78.000 al mese. Un peso insostenibile anche per la partecipata del Comune che aveva anche altre situazioni debitorie di una certa pesantezza. La prima manovra fatta da me e Mainardi è stata l’accorpamento dei mutui ed un allungamento fino al 2026 della rateizzazione: per tre anni di preammortamento pagheremo circa 42.000 euro al mese. Dal quarto anno fino al dodicesimo, pagheremo poco più di 50.000 euro al mese. Quando abbiamo fatto questa manovra in collaborazione con l’istituto bancario, che di fatto ha salvato il bilancio della partecipata (e oserei dire: quello comunale) l’opposizione ha votato contro.

Quanto manca invece per completare i lavori e restituirlo alla comunità? Sappiamo che il Comune ha partecipato al bando Por Fesr 2016, cosa significherebbe riuscire a vincerlo?

Abbiamo fatto un investimento di 300.000 euro sul comparto “C” per adibirlo a nuova sede dell’istituto Banchieri. Per il completamento totale dell’opera manca una cifra che oscilla tra il milione e il milione e mezzo di euro. Molto dipende da alcune scelte progettuali. Abbiamo partecipato al bando regionale per l’utilizzo dei fondi europei: l’obiettivo è di completarlo non pesando ulteriormente sulle tasche dei molinellesi, facendosi finanziare l’opera a fondo perduto. In ogni caso, il cinema/teatro dovrà essere completato: non si può lasciare incompleta un’opera di questa mole. Nel peggiore dei casi, sarà completato per stralci funzionali.

Dato che abbiamo iniziato a parlare di futuro, proseguiamo su questa linea. La recente modifica delle regole del Patto di Stabilità interna sembra lasciare un po’ più di spazio agli investimenti: è vero? Cosa può significare per Molinella nel prossimo futuro?

Il Patto di Stabilità è stato modificato per il 2016, e di recente il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge per rendere permanente questa modifica. Spiego nella maniera più semplice: il vecchio patto chiedeva di giustificare ogni uscita con una nuova entrata. Esempio: volendo ristrutturare una scuola, anche accendendo al credito, un Comune doveva giustificare con una nuova entrata nel bilancio comunale tutto l’importo dell’opera. Dove sta la novità? Adesso nei bilanci dovremo giustificare con una quantità economica in entrata, un’uscita che corrisponde alla rateizzazione annuale della cifra che abbiamo chiesto alla Cassa depositi e prestiti, e non con l’intera somma. In virtù di questo riusciremo a fare molti lavori nei plessi scolastici e sportivi, nei prossimi anni: e se mi dovessi togliere un sassolino dalla scarpa, sottolineerei che questo lo faremo grazie ad un provvedimento del Governo Renzi.

E’ in via di approvazione il nuovo Piano Strutturale Comunale: quali novità sono previste?

Il nuovo PSC sarà il documento più importante che uscirà da quest’amministrazione: perché incardina le linee guida su cui si baserà lo sviluppo del paese nei prossimi 10/15 anni. Più di tutto il resto, sarà il mio retaggio amministrativo: nero su bianco conterrà lo sviluppo dell’area attorno alla stazione, il decentramento delle aree sportive, i nuovi percorsi ciclabili e ciclo turistici, la contrazione delle aree edificabili e l’introduzione del concetto di rigenerazione urbana, una soluzione per il collegamento viario con Bologna. Il nuovo PSC è l’archepietra di questo mandato amministrativo. E forse sarà il documento più di sinistra che mi vedrete mai firmare.

A Molinella come in altri Comuni è sempre più diffusa l’abitudine di utilizzare i Social Network per discutere (e spesso per lamentarsi) dell’amministrazione. Come vedi questo fenomeno? E’ un positivo ritorno di interesse e partecipazione del cittadino oppure una cassa di risonanza di informazioni inesatte e quindi potenzialmente pericolose?

Con gli altri sindaci ne parliamo spesso: è un fenomeno abbastanza comune. Bisogna non sovradimensionarlo, ma neanche sottovalutarlo. Tre considerazioni: la maggioranza delle informazioni che girano sui social sono “bufale”. Il problema è che di solito, chi ha gli strumenti per riconoscerle non ha come fonte di informazione i social: è un gatto che si morde la coda. I più sprovveduti ci cascano proprio perché non hanno dei “filtri” che di solito si acquisiscono altrove: sui giornali, sui libri, etc. Da qui alla seconda considerazione: i social non producono contenuti. Veicolano quelli altrui: aver dato la possibilità a tutti di dire la propria opinione non equivale al fatto che tutti abbiano qualcosa da dire, anzi. Vedo assurgere al ruolo di “santoni” del web, persone che nel privato hanno situazioni a dir poco imbarazzanti se non disastrose. Lo vedo dalla posizione privilegiata di chi ha informazioni su cui deve mantenere anche il necessario riserbo. Strano però che siano sempre i peggiori a fare la morale agli altri. Terzo punto: faccio 700 incontri annuali. Posso garantire che chi ha un problema vero, viene in Comune e cerca una mano. Chi si lamenta sul web molto spesso lo fa per due motivazioni: polemica politica o perché non ha molto altro da fare. E sarebbe giusto chiedersi perché non ha molto altro da fare…

Amministrare oggi vuole dire confrontarsi quotidianamente con delle scelte, a volte decisive, a volte marginali, per la vita della comunità. Come si gestisce nella quotidianità questo potere? E come si gestisce il dissenso, che in alcuni casi è fisiologico se non salutare dentro la vita politica di una cittadina come la nostra?

Urge non farsi divorare dal peso delle decisioni. Bisogna prenderne molte e cercare di dormire la notte: cosa che faccio regolarmente, anche se il primo pensiero la mattina e l’ultimo la sera molto spesso riguardano il lavoro. Il dissenso è fisiologico nella vita di paese e non ci fosse avrei delle riserve sulla vita democratica del paese. Naturalmente va sempre affrontato, spiegando le proprie ragioni. Sarebbe però sbagliato farsi demoralizzare: a Molinella sull’Istituto Banchieri e sulla centralizzazione delle mense abbiamo preso decisioni dure ma necessarie per la sopravvivenza dei servizi. Guai a farsi spaventare dalle proteste: chi tira indietro alla prima levata di capo non deve fare l’amministratore. Tutte le decisioni portano vantaggi e svantaggi: se ti fai spaventare dal dissenso, rischi di paralizzare l’attività amministrativa.

Ultima domanda. Anche se Molinella è periferica rispetto alle grandi città europee, ha comunque una comunità musulmana molto nutrita. Dal tuo osservatorio privilegiato hai notato un aumento della diffidenza fra i cittadini di fede musulmana e quelli di fede cristiana dopo i Fatti di Parigi e strage di Bruxelles? Come si può passare dalla convivenza all’integrazione in paese piccolo come il nostro?

C’è integrazione quando c’è una base di valori condivisa. Che in Italia è rappresentata dalla Costituzione. E una costituzione basata sulle libertà individuali trova cittadinanza nella parte occidentale del pianeta, è un fatto. Trovo offensivo chiedere alla comunità islamica locale di dissociarsi dagli attentati poiché deve essere una cosa scontata e sarebbe terribile se non lo fosse. Ma trovo giusto, corretto e doveroso chiedere e pretendere che le comunità islamiche si pongano il problema delle pari opportunità e dei diritti delle donne, della libertà di opinione, anche quando questa è un’opinione anticonformista e provocatoria all’interno della loro stessa comunità. Da noi questa si chiama democrazia. E non ci possono essere quartieri ghetto in Europa, dove questi principi valgono meno. Faccio sommessamente notare che i temi della libertà di stampa, di opinione, delle pari opportunità per le donne sono istanze che fanno parte del dna della sinistra liberaldemocratica. C’era una parola di settanta anni fa per descrivere sistemi che calpestavano queste idee. Questa parola è, per intenderci, fascismo.

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