Intervista a Marco Calcinai

Questo articolo è uscito su “Molinella a Confronto” N°13 / Dic. 2015 in versione ristretta: sfoglia il giornale online cliccando qui.  Di seguito la versione completa


Conosco Marco Calcinai da quando eravamo bambini e non nego che quando tre anni fa scoprii che si era iscritto al PD e si stava dando da fare per organizzare la campagna elettorale dell’attuale sindaco, rimasi decisamente sorpreso. Io, indipendente per natura, in minoranza per vocazione, ho davvero faticato a capire cosa l’avesse spinto a tesserarsi e per questo, quando mi hanno proposto di fargli un’intervista per il giornale, ho subito pensato di rivolgergli pubblicamente alcune delle domande che mi ronzano in testa da un po’.

Andiamo dritti al punto: cosa ti ha spinto ad iscriverti ad un partito politico e perché proprio il PD?

Anche io sono sempre stato restio ad abbracciare qualcosa di molto identificante e l’appartenenza a un partito decisamente lo è. Da quando sono stato in grado di sviluppare pensieri politici, mi sono però sempre riconosciuto nell’area del centro-sinistra. Mi piacciono il progressismo, il riformismo, e l’idea di fornire al più ampio numero di persone le stesse condizioni di partenza. Il solo attore che attualmente incarna questi ideali è a mio parere il Pd.

A spingermi ad iscrivermi sono state da un lato le idee di Renzi, che condividevo pienamente, ma soprattutto la voglia di contribuire all’affermazione della nuova segreteria di Molinella e delle idee di Dario Mantovani, che trovavo innovative e vincenti. Quando mi ha chiesto di far parte del suo progetto ho accettato immediatamente.

Per essere iscritti ad un partito ed in pace con se stessi, è necessario condividere tutto il programma, oppure bisogna mettere in preventivo qualche mal di pancia per un fine più grande?

Credo sia impossibile condividere totalmente un programma. E’ anche poco “sano”. Un partito che funziona è un partito in cui i singoli hanno le proprie opinioni, in un perimetro di condivisione delle strategie che sia ampio. Se il confronto delle idee è costruttivo, esso porta a migliorare i programmi e le politiche che poi si adottano. Una volta ho letto una cosa che trovo verissima: in un tavolo decisionale, nel momento in cui si propone un’idea, questa deve essere appoggiata sul tavolo e messa a disposizione della discussione. Nel momento in cui la esterni, non è più tua, è di tutti, e non devi restarne troppo legato. Solo così si evitano i mal di pancia. Ovviamente, perché questo funzioni, deve esserci grande sintonia tra le persone sedute a quel tavolo.

Cosa ti ha convinto di Mantovani e del suo programma?

Conosco Dario da molti anni. L’ho sempre trovato estremamente intelligente e dotato di buon senso. La nostra amicizia si è sempre fondata sulla schiettezza e sulla sincerità ed è una persona che ha dimostrato sempre un impegno incredibile nelle attività che portava avanti. Sono tutte qualità che credo essenziali in un buon sindaco e che hanno caratterizzato il programma che abbiamo costruito. Ha ovviamente dei difetti: riesce a continuare a sostenere per esempio che Mancini sia un buon allenatore, nonostante abbia preso solo schiaffi dalla mia Fiorentina.

Parliamo un attimo della campagna elettorale. Sei stato parte integrante di una squadra molto giovane e che ha vinto abbastanza inaspettatamente. Cosa ti ha colpito di più di quel periodo in maniera positiva e cosa invece in maniera negativa?

È stato un periodo davvero bellissimo. Ciò che mi ha colpito di più è stata l’autonomia che tutti noi ragazzi abbiamo avuto. C’è un’abitudine molto italiana a non concedere mai molto spazio ai giovani. È vero anche in molti partiti. Nella nostra segreteria invece, le nostre idee sono state trattate sin da subito con grande rispetto e per questo devo fare anche un elogio ai membri più esperti, che hanno dimostrato apertura ed intelligenza. Non era assolutamente scontato. Ciò che ho trovato più negativo sono state alcune falsità dette sul nostro conto da alcuni avversari politici. È parte del gioco, ma di un gioco al quale noi non abbiamo partecipato e di questo sono molto contento.

Attualmente non sei coinvolto nell’amministrazione cittadina, quindi puoi avere uno sguardo più obiettivo sul suo operato. Giunti a metà mandato, che giudizio ne dai?

Ho contatti frequenti con molti membri dell’amministrazione e li ho visti sin da subito molto impegnati e proattivi. Questo ha permesso di sopperire molto in fretta a un fattore fisiologico: inizialmente alcuni di loro dovevano prendere confidenza con la macchina amministrativa, essendo alla prima esperienza. Mi sembra stiano facendo un ottimo lavoro. Alcuni punti del programma elettorale sono già stati realizzati ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Penso per esempio all’asilo nido, alle Fioravanti, allo skate park, alla riamministrazione della fondazione Valeriani… logico, c’è ancora molto da fare e su alcuni punti ci sarà da lavorare sodo, ma sono molto positivo.

Quali sono secondo te le priorità che la giunta dovrebbe darsi da qui a fine mandato?

Credo andrà gestita con molta intelligenza la questione del cinema. È un pachiderma che pesa economicamente sulla gestione delle risorse e quindi sulle scelte future. La giunta dovrà trovare soluzioni intelligenti per gestirla in maniera tale da liberare risorse per politiche assolutamente più prioritarie, come servizi e assistenza.

Per concludere un paio di domande dal respiro un po’ più ampio. Su questo giornale leggiamo spesso tuoi articoli di taglio internazionale. Dalla Libia alla diga di Mosul, dai viaggi in Africa ed America Latina, fino ai colloqui con l’Iran e alla voce grossa fatta in Europa sui temi economici: dopo anni di inesistenza dal punto di vista diplomatico, l’Italia è stata molto protagonista negli ultimi mesi. Come giudichi l’operato di Renzi a livello internazionale?

Ovviamente non è facile, dopo anni in cui si è tagliati fuori da un sistema, provare a farvi rientro: negli anni di Berlusconi, l’Italia è retrocessa tantissimo in termini di rilevanza, sia a livello europeo che mondiale. Renzi si sta muovendo per ridare all’Italia il peso politico che merita.

Il governo sta sgomitando per ritagliarsi uno spazio in Europa, soprattutto sulle questioni economiche, mentre a livello globale, sta rafforzando partnership che speriamo possano giovare alle esportazioni, vero traino della nostra economia, e all’approvvigionamento energetico, storico tallone d’Achille del nostro paese.

Negli ultimi anni inoltre si è inserito un terzo problema di dimensioni drammatiche: la crisi migratoria. Per ovvie ragioni geopolitiche, è fondamentale per l’Italia che si riescano a riparare gli argini da cui è straripata la marea di rifugiati che stanno raggiungendo l’Europa passando dalle nostre coste. In primis quindi Siria e Libia, che rappresentano inoltre una seria minaccia terroristica da cui purtroppo non possiamo sentirci immuni.

Ultima domanda. Da iscritto al PD sei ovviamente coinvolto nelle vicende del Partito dei Socialisti e Democratici Europei di Martin Shultz. Ci sono altre forze politiche europee che guardi con interesse?

Mi trovo molto in linea, a livello generale, con le idee e l’operato dei Socialisti e Democratici. Ovviamente sono costretti a fare continuamente i conti con la scarsa rilevanza politica che (purtroppo) ha il Parlamento europeo e con il gruppo di maggioranza, il Partito Popolare Europeo, che su diverse questioni legate alla tutela dei diritti (vedi il recente caso Volkswagen) tende ad avere un occhio di riguardo per i poteri forti.

Seguo con molto interesse anche i Liberali, guidati da un leader carismatico, Guy Verhofstadt, con le cui idee mi trovo spesso molto in linea.

Ok, direi che lo spazio che avevamo a disposizione è terminato. Birra?

Certo. Offri tu.

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